I dati diffusi ad aprile e le scadenze istituzionali stimolano riflessioni sul turismo. O meglio, sui turismi.

A poca distanza dalla pubblicazione delle mete più interessanti da visitare nel mondo nel 2016 secondo il NYT ecco arrivare un’altra “classifica” nella quale nuovamente vengono citate le Langhe. Il Telegraph infatti ha individuato 21 luoghi in Italia in cui “non avreste mai pensato di andare ma dovreste farlo!”: al primo posto Marina di Pisciotta in Cilento (e il Sud, bisogna dire, si difende molto bene con ben 9 mete menzionate) passando per Treviso e Vicenza per arrivare a Genova. Il Piemonte, dice Tim Jepson, è conosciuto dagli stranieri solo in quanto meta sciistica (e su questa osservazione avremmo qualcosa da ridire….). Eppure questa è una regione che può pretendere di essere il più bel centro gastronomico d’Italia, il luogo di nascita del movimento Slow Food, con le sue splendide colline delle Langhe.

Che il Piemonte sia conosciuto solo in quanto meta sciistica non è del tutto vero: gli arrivi nella nostra regione sono in aumento dal 2006 (siamo passati da 10 milioni a oltre 13 milioni nel 2015) e gli arrivi mensili hanno un picco a maggio, luglio e agosto, mesi non propriamente adatti allo sci.

Quel che è di sicuro vero è che le Langhe, come tutti i posti citati dal Telegraph,  fuori dai circuiti turistici tradizionali, rappresentano agli occhi del turista, soprattutto, straniero l’essenza del modo di vivere italiano fatto di ritmi e di sapori che portano con sè, forte, il legame con le nostre tradizioni, quelle sì famose in tutto il mondo.

Ad aprile  l’argomento turismo è stato protagonista dell’agenda setting: da una parte hanno preso l’avvio i lavori per gli stati generali del turismo, dall’altra è cominciato fortissimo (e necessario!) il rilancio dell’ENIT ad opera della neo presidente Evelina Christillin.

È stato un mese di dati e statistiche, arrivi, presenze, trend: gli arrivi, dal 2001 al 2015 sono aumentati del 50% (bene) però è diminuita la permanenza media – passata da 4,1 a 3,6 giorni (male), con una perdita di 38 miliardi di entrate valutarie derivanti dal turismo internazionale, dal 2001 all’anno scorso (molto male). Eravamo settimi al mondo per contributo del turismo puro al Pil, ora siamo all’ottavo posto: come ha sintetizzato bene l’Huffington Post con un recente titolo: “in Italia il turismo rende meno. Record di siti Unesco ma i visitatori spendono poco: Germania e Macao incassano di più”.

Un segnale su cui riflettere arriva proprio dai dati sulla permanenza media, sì in calo a livello complessivo ma in aumento per quel che riguarda la provincia nascosta (come la definisce Roberta Scorranese su Il bello dell’Italia) toscana, umbra, calabrese e piemontese perché è “nella provincia che gli stranieri ritrovano quel microcosmo di cui vorrebbero far parte, fatto di saper vivere, di bellezze naturali — nella graduatoria delle cose italiane che maggiormente piacciono ai turisti vengono subito dopo i monumenti e prima della cucina, nella ricerca GfK Eurisko, e inoltre la qualità della vita è stata la spiegazione prevalente sui motivi della soddisfazione del viaggio in Italia”.

E si perché le Langhe, così come le colline del Chianti o i borghi umbri permettono al turista di vivere un’esperienza piuttosto che di visitare un posto. Perché sono sì posti da fotografare ma a, differenza dei monumenti, in cui a volte l’eccesso di fotografie si trasforma in un vero e proprio filtro, prevedono un coinvolgimento attivo del turista che sperimenta in prima persona quel modo di vivere che tanto lo affascina.

L’antitesi di quel turismo mordi e fuggi che Franceschini, all’inaugurazione degli stati generali del turismo, ha indicato come un aspetto sul quale non ci interessa più puntare perché, come riportato dal Sole 24Ore, “l’Italia è un Paese per viaggiatori, non per turisti. Viaggiatori che apprezzino l’arte e la cultura, come l’ambiente e la gastronomia, con interessi di vario tipo e che si fermino e spendano (…) In Italia – dice il ministro – si viene per il viaggio della vita”.

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