Corte dei Conti e Commissione Europea si scontrano sull’utilità dei finanziamenti comunitari alla promozione del vino nei paesi terzi. E nel botta e risposta fra cifre e statistiche, ci si dimentica che non si parla solo di vino.
Ha fatto scalpore tra gli addetti ai lavori la recente pubblicazione della relazione speciale della Corte dei Conti Europea intitolata “Il sostegno dell’UE agli investimenti e alla promozione nel settore vitivinicolo è gestito in maniera soddisfacente e il suo contributo alla competitività dei vini dell’Unione è dimostrato?”
La domanda del titolo, a scorrere le settanta pagine della relazione, è retorica: secondo la Corte dei Conti i risultati della promozione del vino europeo nei paesi terzi contenuta nella riforma dell’organizzazione comune di mercato (OCM) non giustificano i finanziamenti assicurati fino a oggi, mettendo in dubbio l’utilità di proseguire secondo norme e prassi fin qui assodate. L’audit della Corte ha riguardato progetti finanziati in Austria, Francia, Italia, Portogallo e Spagna – cinque stati che rappresentano il 95% della spesa in promozione.
Il risultato sono 90 osservazioni sollevate dalla Corte e 7 raccomandazioni rivolte alla Commissione. Da un punto di vista generale, secondo i giudici contabili, il principale problema sta nel fatto che non c’è relazione causa-effetto chiara tra il sostegno agli investimenti e alla promozione e una maggiore competitività del settore. Anzi, in quei Paesi dove si è investito si sono perse quote di mercato.
Più nel dettaglio, secondo la Corte le misure OCM aprono spiragli a duplicazioni, investimenti ingiustificati, sostegno verso mercati già consolidati: la (nemmeno troppo) velata accusa è che gli Stati membri utilizzino in maniera troppo disinvolta i fondi, camuffando sotto la voce “promozione” finanziamenti diversi e non giustificabili, senza poi garantire controlli sui risultati.
Quella che emerge dalla relazione è, insomma, una bocciatura a tutto campo. La risposta della Commissione Europea non si è fatta attendere, ribattendo punto su punto alla raccomandazioni della Corte. Allo stesso modo i diretti interessati – produttori e Consorzi – hanno fatto sentire la loro voce. Contattati dalla redazione di “Tre Bicchieri”, il settimanale economico del Gambero Rosso, i protagonisti dell’industria del vino italiana rispondono in coro: “Va bene razionalizzare e combattere i furbi, ma non si mettano a rischio i fondi”.
Con una postilla di Sandro Boscaini, presidente del Consorzio Grandi Marchi, che qui ci sta molto a cuore e facciamo nostra: “Noi vendiamo territori, qualità, cultura, una filosofia nel fare il vino, non solo bottiglie”. Già, perché promuovere il vino all’estero non significa soltanto aumentare quote di mercato per i produttori: vuole dire anche fare promozione della cultura e del turismo, mostrare l’eccellenza non solo di un’industria, ma di un paese intero.
Pensiamo al Piemonte e alle “nostre” Langhe, ad esempio, che grazie al vino hanno saputo ritagliarsi un ruolo da protagonista tra le destinazioni turistiche mondiali: quando accompagniamo i produttori piemontesi raccolti nel Consorzio “I Vini del Piemonte”, non promuoviamo soltanto le etichette, ma il territorio intero.
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La relazione della Corte dei Conti Europea è disponibile qui:
http://www.eca.europa.eu/it/Pages/NewsItem.aspx?nid=4950