Convention bureau, lo strumento delle destinazioni che puntano a MICE e turismo congressuale

Destagionalizzare i flussi turistici di una destinazione è una delle missioni che caratterizzano l’attività di Ideazione. La questione, però, va affrontata con un pragmatico approccio di mercato. Il problema del “fuori stagione” è il calo della domanda, con la stragrande maggioranza dei turisti che si muove in momenti dell’anno ben definiti. Succede così che molte destinazioni vivano mesi di letargo in attesa dell’estate successiva – nel caso di località marittime – o dell’inverno nel caso di località sciistiche.

Il turismo congressuale può rappresentare un’opportunità per attrarre nuovi flussi di visitatori fuori stagione. Considerarlo un riempitivo per i momenti di bassa affluenza, però, significa non comprendere le potenzialità e la complessità di questo tipo di domanda. Esiste un lungo elenco di destinazioni che hanno improvvisato un’avventura nel business tourism e sono rimaste scottate da un flop che ha lasciato come unica eredità buchi di bilancio e strutture in abbandono.

Pianificazione e strategia sono gli elementi da cui partire per valutare se il turismo congressuale è effettivamente congeniale alla destinazione. Ideazione ha da poco presentato al Comune di Jesolo lo studio di fattibilità per un convention bureau da implementare nella cittadina balneare veneta. Il lavoro è stato realizzato in collaborazione con Laura Favaretti, direttrice responsabile della DMO Padova Convention and Visitors Bureau.

Dottoressa Favaretti, iniziamo con una definizione: cosa sono i convention bureau?

Si tratta di organizzazioni che hanno come scopo quello di rendere un territorio appetibile come destinazione di eventi. L’idea è di renderlo attrattore per la cosiddetta industria MICE (Meeting, incentive tour, conferenze, fiere), le varie forme di congresso professionale, ma anche per un settore in espansione come il destination wedding. A livello giuridico, i convention bureau sono enti pubblici, privati o misti. Negli USA esistono da almeno un secolo, sono nati come succursali degli uffici turistici per intercettare una specifica nicchia della domanda turistica.

Laura Favaretti, direttrice responsabile della DMO Padova Convention and Visitors Bureau

Che cosa aggiunge un convention bureau a una destinazione?

Un’organizzazione di questo tipo si interseca alle caratteristiche e all’offerta preesistenti in una destinazione. Nel concreto, stimola la produzione di un prodotto turistico e collabora con gli operatori, formandoli e coordinandoli. Il tema della coesione, forse, è quello su cui vale la pena soffermarsi. Intanto perché un convention bureau unisce sotto un unico cappello tutti gli operatori che lavoreranno in questo ambito. Ma non può restare un’affiliazione formale, l’obiettivo da centrare è quello di costituire una rete che risponda alle esigenze degli organizzatori congressuali. Insomma, non un’entità isolata, bensì uno strumento trasversale e necessariamente accettato.

Quindi per avviare al turismo congressuale una destinazione sono essenziali alcune condizioni di partenza.

Naturalmente c’è un livello “concreto” a cui si può rispondere. Le caratteristiche vincenti includono la raggiungibilità di una destinazione, la presenza di infrastrutture come centri congressi dotati di tecnologie, un livello adeguato di sicurezza sanitaria e di ordine pubblico, politiche di sostenibilità. Ma poi esiste un “livello alto” nel quale individuiamo l’impegno delle istituzioni, che devono essere disponibili a collaborare non solo al finanziamento ma anche a contribuire all’organizzazione. Mi spiego meglio: l’implementazione di un convention bureau significa per comuni, province e regioni la disponibilità a concedere location, incrementare trasporti pubblici, garantire standard di sicurezza e pulizia. Una destinazione di business tourism matura è quella che ha sviluppato una serie di protocolli da attuare in caso di eventi frequenti, oppure organizzati con poco preavviso. C’è poi il tema del coinvolgimento della cittadinanza. Residenti e piccoli operatori locali contribuiscono all’accoglienza percepita dai fruitori degli eventi. Ignorare questo fattore significa aumentare le probabilità che nel dibattito locale si dia maggior peso agli eventuali disagi dovuti a evento. Eppure, i dati dimostrano che un congressista spende sul territorio 2,5% in più rispetto a un turista che viaggia per piacere.

Come è ripartito il settore dopo la pandemia?

Appena è stato possibile riprendere l’attività – come nelle due estati 2020 e 2021 – la voglia di organizzare è tornata forte così come l’interesse dall’estero. Va sottolineato che il settore si è dotato in brevissimo tempo di nuovi protocolli di sicurezza, dimostrando grande serietà e professionalità.

Qual è il profilo del turista che viaggia per un evento professionale?

Il turista congressuale è alto-spendente, anche perché può contare sulla copertura delle spese di viaggio da parte dell’azienda. Questo magari lo porta a prolungare il pernottamento: per fare un esempio, chi raggiunge Padova per eventi aggregativi resta circa 3 notti, contro una media di 1,5 notti di chi la visita per piacere o per lavoro in modo individuale. Succede anche di frequente che il turista business si trasformi in turista leisure, cioè che torni sullo stesso territorio con la famiglia per una vacanza. Va notato che gli eventi possono avvenire anche nei mesi non corrispondenti all’alta stagione e questo contribuisce a destagionalizzare una destinazione.

Può citare qualche esempio virtuoso di destinazione che ha implementato un convention bureau?

Un interessante esempio a livello Europeo è Vienna, tutti noi la consideriamo una destinazione culturale, ma nel tempo ha saputo anche costruire una efficiente struttura organizzativa grazie alla volontà delle istituzioni, che hanno deciso di investire nel progetto parte della tassa di soggiorno. Oppure Barcellona, altro caso di grande città d’arte con un comparto fiere all’avanguardia. I catalani hanno diversificato l’offerta turistica, costruendo un centro congressi molto avanzato. In Italia non sempre sono le città più grandi o più richieste ad avere una storia di organizzazione strategica in ambito congressuale, ma certamente Firenze, negli ultimi anni è un grande esempio di struttura privatistica dotata di solidità e competenze, così come Rimini che ha lavorato sulla destagionalizzazione, scommettendo sul nuovo centro congressi Rimini Fiera. In Veneto, il Venice Region Convention Bureaux Network è un tavolo di lavoro tra presidi organizzati locali che opera a livello promozionale e strategico.  Cito anche la mia Padova, qui si è investito molto su un nuovo centro congressi che punterà su eventi associativi, in particolare nel settore medicale e scientifico, e corporate, evidenziando la ricchezza e l’eterogeneità del tessuto economico  veneto.

Qualche parola sullo studio di fattibilità del convention bureau presentato al Comune di Jesolo.

È stato un progetto molto stimolante perché ci ha offerto uno sguardo piuttosto inedito sulla destinazione fuori dal tradizionale contesto vacanziero estivo. Abbiamo iniziato con un approfondito studio su Jesolo, in particolare analizzando le strutture tradizionalmente associate al turismo leisure come ristoranti, locali, stabilimenti, ma anche infrastrutture come i trasporti pubblici. Quindi abbiamo valutato un loro coinvolgimento in ottica MICE: abbiamo immaginato ruoli innovativi persino per la spiaggia di Jesolo, ad esempio, un elemento iconico della città che potrebbe ospitare eventi congressuali verso la chiusura della stagione estiva. Una parte rilevante di lavoro l’abbiamo poi dedicata all’analisi delle sedi. L’analisi ha evidenziato che esistono location prevalentemente di proprietà pubblica che con adeguati investimenti potrebbero incontrare le necessità della domanda, esistono interessanti nuovi investimenti privati che elevano la qualità dell’offerta e, seppure non sia in previsione un nuovo centro congressi, ci sono alcune caratteristiche che rendono Jesolo una destinazione potenzialmente interessante.Il tema di fondo dello studio presentato al Comune è stato quello della governance, che semplificato si traduce nelle domande “chi fa cosa” e “con quali fondi”. L’indotto del business MICE non è sempre di facile calcolo ed è un ritorno di investimento diffuso sul territorio. Spesso, per garantire continuità e visione, l’apporto e il sostegno da parte degli Enti pubblici è una parte importante del business plan, ma non l’unica, grazie ad opportunità di autogenerazione di entrate commerciali e collaborazioni privatistiche.

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